Forte Col Badin
Vincitore di concorso. Consolidamento strutturale, restauro conservativo, aggiornamento impiantistico e tecnologico, adeguamento funzionale.
Chiusaforte (UD), Italia, 2007 - 2009
Destinazione d’uso: museo, centro polifunzionale per esposizioni e convegni, ristorazione e pernottamento.
Cliente: Comune di Chiusaforte
Incarico: vincitore di concorso
Dimensioni: superficie totale del lotto mq. 5.393 mq – superficie coperta 1.253 mq
Stato: completato
Realizzato fra il 1904 e il 1907 dall’Esercito Italiano, il Forte corazzato Col Badin è stata una delle prime roccaforti a doversi confrontare con l’avanzata dell’esercito austriaco a seguito della disfatta di Caporetto. È poi stato utilizzato come caserma e luogo d’addestramento per molti decenni, prima di essere dismesso dall’Esercito. Il Comune di Chiusaforte, divenutone proprietario nel 2001, ha deciso di recuperarlo e valorizzarlo, con finalità culturali e ricettive.
All’inizio del restauro, Forte Col Badin si presentava come una architettura tetra, corrosa dal tempo, segnata dal passaggio di soldati e curiosi. Era l’immagine speculare della Prima Guerra Mondiale: un conflitto che sembrò dovesse durare pochi mesi e arrecare una facile vittoria grazie alle armi innovative prodotte su scala industriale e al valore degli eserciti – e che invece durò anni e si trasformò in una battaglia quotidiana nel fango delle trincee.
Il nostro lavoro ha voluto ricordare questo aspetto, che è un tratto comune di tutte le guerre: la miseria, il degrado, la consunzione – e la persistente vicinanza della morte.
Restauro dell’architettura, allestimento del percorso museale e predisposizione dei contenuti sono diventati tre momenti di un unico progetto, volto a mantenere l’immagine della guerra.
Coerenti con questo obiettivo, abbiamo scelto di intervenire sull’architettura in misura minima, per consentire ai visitatori di “leggere” le labili tracce dei vecchi impianti, delle pavimentazioni, dei rivestimenti. La visita al Forte è perciò un percorso aspro, con passaggi disagevoli, in ambienti umidi e freddi.
Come l’architettura, anche la materia dei reperti provenienti da queste valli non è stata restaurata ma fissata nello stato in cui si trovava appena rinvenuta. Gli oggetti, affiorati spontaneamente o rintracciati con il metal detector, provengono dalla terra o dalle pietraie calcaree dove sono state abbandonati. Sono i soli resti dei soldati passati su questo fronte: e il visitatore può toccarne la fattura iniziale, il tipo di lavorazione, il materiale, il grado di consunzione, ma anche i danni portati dagli avversari e le ingiurie del tempo. Il tatto comunica più informazioni di quante una didascalia possa fare.
Vai al reportage fotografico sullo spettacolare “volo” in elicottero delle quattro cupole destinate a completare l’edificio delle Cannoniere.






